Tattiche e sistemi d’arma nella guerra d’aggressione della Russia all’Ucraina
di Dario D’Italia
Per i ceceni e i siriani, in particolare per gli abitanti di Grozny e di Aleppo, i racconti della vita nelle città del sud est dell’Ucraina oggi, assediate dalle forze russe, suonano terribilmente familiari.
Il conflitto non è della stessa natura: in Ucraina, la Russia ha lanciato una massiccia campagna di invasione terrestre di una nazione confinante – con la quale condivide legami culturali, familiari, sociali e linguistici – incontrando una fiera resistenza sul terreno, che gli ha inferto significative perdite in uomini e mezzi; anche in Cecenia si tratto di un un’invasione classica, supportata da aviazione, artiglieria e mezzi corazzati, la motivazione fu la lotta al terrorismo islamico, il risultato la liquidazione di ogni velleità di autonomia della Cecenia; mentre in Siria, la Russia intervenne nel 2015, con un soverchiante supporto aereo ed esiguo dispiegamento di truppe sul terreno, per invertire il corso della guerra in favore del presidente siriano Bashar al-Assad. Eppure è possibile disegnare una comparazione tra la brutale tattica russa dispiegata nella guerra siriana e lo svolgimento dell’attuale guerra.
Le tattiche di assedio
Le immagini e le testimonianze della Città di Mariupol fanno balzare alla mente le immagini e i racconti degli abitanti dei quartieri Grozny e di Aleppo. Loro che dovettero fare esperienza di cosa significa per un civile essere intrappolato in una città assediata e diventare obbiettivo delle forze armate russe. Come oggi a Mariupol, e le altre città ucraine assediate, ieri ad Aleppo, – ancora prima a Grozny – caseggiati, quartieri, fabbriche, ospedali, scuole, supermercati, teatri sistematicamente distrutti; penuria di generi alimentari primari, interruzione dell’energia e dell’acqua, negazione di corridoio umanitari sicuri, sistematici bombardamenti notturni indiscriminati.
Nel 2016, durante i circa sei mesi di assedio di Aleppo, la più grande città siriana prima della guerra, tenuta allora dalle forze di opposizione al regime di al-Assad, le forze russe attaccarono le fabbriche e le stazioni dell’acqua, tagliarono le linee dei rifornimenti, lasciarono 250 mila cittadini residenti senza riserve di cibo, medicine ed energia. Segui una catastrofe umanitaria.
Nel 2022 a Mariupol, le forze russe hanno circondato e bombardato la città, tagliato le comunicazioni, l’acqua, il gas e l’elettricità, impedito ai convogli umanitari di entrare. I pochi report raccontano di residenti che devono sciogliere la neve per bere, razionare il poco cibo anche per i bambini, e della scarsità di medicine vitali. Le altre città assediate subiscono lo stesso trattamento.
Anche qui le forze russe, durante gli assedi, si sono concentrate sulla distruzione degli ospedali e altre infrastrutture sanitarie, come ad Aleppo ieri, così a Mariupol oggi. Così come sulle scuole ed altri edifici che possono offrire rifugio alla popolazione. Secondo le norme internazionali i belligeranti hanno l’obbligo di distinguere tra obbiettivi militari e obbiettivi civili. Lo sviluppo sul campo dell’azione militare russa sembra dimostrate che loro privilegino gli obbiettivi civili per acquisire vantaggi militari.
L’arma iconica dell’Armata Rossa e poi dell’Esercito russo
Sulla questione degli armamenti, bisogna fare ancora un passo indietro, per riprendere un filo simbolico che ancora condiziona la dimensione tattico-strategica che la Russia di Putin assegna al proprio esercito. Dall’immagine iconica di Lenin che il 3 aprile 1917, nella piazza antistante alla stazione di Finlandia, da un’autoblindo parla alle masse invocando la rivoluzione, all’iconico T-34 – arma di sfondamento contro i panzer nazisti – della controffensiva nelle grandi pianure dell’Europa nella “grande guerra patriottica, alle grandi sfilate sulla Piazza Rossa, a quelli di Budapest del ’56 e di Praga nel ’68 – di fronte al quale si immolò Jan Palach. E ancora un Carro Armato, quello sul quale Elstin si arrampico per sventare il golpe del 1991. La Seconda Guerra mondiale fu per eccellenza guerra di materiali e di capacità produttive, I carri armati furono tra i grandi protagonisti del secondo conflitto mondiale, nelle vaste aree del Nord Africa, come nelle sterminate pianure dell’est, dove offensiva e controffensiva furono dominate dagli scontri tra formazioni di carri, coperte dal massiccio uso dell’artiglieria. Vinse chi fu in grado di produrne di più – e seguire le raccomandazioni tattiche del generale Inverno – Stalin anche con l’aiuto dei materiali anglo-americani ne produsse di più. Nelle nuove guerre, e in teatri diversi, ambiente urbano, territori paludosi o nei periodi di disgelo, l’invenzione di nuove armi anticarro, richiedono oggi un profondo ripensamento del suo impiego in azione. Infatti, i carri, nonostante la loro potenza distruttiva, furono i protagonisti negativi della battaglia di Grozny: 120 dei 150 inviati in città vennero distrutti. Dopo il ritiro dei carri, il compito di spianare la città fu assegnato all’artiglieria e all’aviazione che, anche con l’utilizzo di proiettili al fosforo bianco, spianarono la città nelle settimane successive. Dal 1993, con la messa in produzione del T- 90 “Vladimir”, il carro rimane ancora l’icona dell’Esercito russo. Il tipo di arma portante dell’esercito efficace con il suo impiego massiccio, con copertura aerea e combinato con nutriti gruppi di fanteria e dispiegabile con efficacia nelle ampie pianure dell’Europa centrale. Ma come si è potuto constatare la lunga colonna di 60 chilometri sulla strada per Kyiv, che resterà una delle immagini simboliche di questa guerra, non rappresenta solo un’incapacità di gestione logistica, quanto un errore di pianificazione tattico-strategica. Infatti, l’immagine dalla colonna bloccata e il suo successivo ritiro, ricorda l’imprudenza di Varo quando, tra l’8 e 11 settembre del 9 DC, quando le sue tre legioni, meglio armate e molto più potenti, furono distrutte dalle tribù germaniche nella foresta di Teutoburgo, mentre marcivano per ritornare ai loro accampamenti invernali. Anche oggi sono bastate le nuove armi anticarro portatili per bloccare la testa della colonna e poi agire con piccoli gruppi sui fianchi, difficili da proteggere.
Il tipo di armamenti impiegati
Un ulteriore test sul collegamento tra le tattiche cecene e siriane e le attuali: il ministro della difesa – o della guerra? – russo Sergei Shoigu, ha dichiarato che la Siria è stato il campo di prova delle armi usate in Ucraina. Come in Siria, la maggior parte delle vittime civili oggi in Ucraina sono state causate da bombe a gravità o a grappolo, bombe stupide, che non possono essere finalizzate a specifici e mirati obbiettivi militari, ma che provocano indistinta distruzione di vaste aree colpite e, se utilizzate sulle città, devastano interi quartieri. Come è impossibile usare le bombe termo-bariche – anche queste sperimentate in Siria, insieme ai missili ipersonici – in aree urbane intensamente urbanizzate e popolate, senza causare un alto numero di vittime civili. L’Human Right Watch ha stimato che nel 2016 i russi, in un mese di bombardamenti ad Aleppo, causarono 440 vittime tra i civili, fra i quali 90 bambini. Secondo il Civilian Harm Monitor Airwars nel 2015 circa 25 mila civili furono uccisi da attacchi aerei russi. Cinque anni dopo che la Russia aveva iniziato i bombardamenti in Siria, una Commissione d’Inchiesta Indipendente delle Nazioni Unite sulla Siria ha accusato la Russia di crimini di guerra per gli attacchi indiscriminati sulle aree civili. Nessun militare russo si è presentato al processo.
La Russia oggi è stata ancora accusata di violazione delle leggi internazionali in Ucraina. E ancora, Mosca ha risposto di non aver commesso crimini di guerra in Ucraina e di non avere civili tra gli obbiettivi in Ucraina.
La gestione dei corridoi umanitari e dei rifugiati come arma politica
Anche la questione dei corridoi umanitari e delle zone di sicurezza può, nelle mani russe, essere usata in termini strategicamente divergenti. Da una parte possono cercare di svuotare le città dai loro abitanti, così poi per l’esercito russo sarà meno costoso prenderle; dall’altra, come dimostra la guerra in Siria, gli sfollati possono essere usati per costruire l’esercito dei profughi. La guerra in Siria ha costretto 6,6 milioni di siriani a lasciare il Paese, secondo le Nazioni Unite. La maggior parte si sono diretti in Europa a seguito dell’intervento russo nel settembre del 2015. Più o meno 4 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina in un solo mese di guerra. Secondo alcune stime tre quarti degli abitanti hanno lasciato Mariupol. I corridoi umanitari affluiscono in Europa. Dopo la provocatoria minaccia nei mesi scorsi del dittatore della Bielorussia, spalleggiato da Putin, di consentire il passaggio della frontiera ai profughi siriani, trasportati in aereo in Bielorussia, verso la Polonia, oggi con la guerra si provoca il più massiccio esodo degli ucraini verso l’Europa. Non va dimenticato che il nemico strategico della Russia di Putin è l’Occidente e per Occidente lui vede per prima l’Europa. E in Europa i Paesi dell’ex Patto di Varsavia, che l’Impero ha perso dopo il crollo dell’URSS, sono la sua prima linea. Nel momento in cui ai confini dell’Europa è tornata la guerra – nella sua forma classica del novecento, con esercito invasore per annessioni territoriali, con già impresso il peccato di Guernica – le vere armi strategiche che la Russia pensa di utilizzare sono rivolte alla gola dell’Europa: la minaccia energetica e i flussi di profughi. In questo contesto i rifugiati degli esodi sono uno dei modi di come la Russia di Putin “esporta i problemi” e struttura la “guerra ibrida”.
La disinformazione
Un altro elemento del playbook (la guida strategica) della Russia, scritto dalla frustrazione di aver perso l’impero, riaggiornato in Siria e utilizzato in Ucraina, è la disinformazione. In Siria la Russia e i suoi alleati descrivevano gli “Elmetti bianchi” come terroristi. In Ucraina il Cremlino ha definito il governo e i militari ucraini come nazisti e l’invasione come un’azione speciale per denazificare il paese.
Nell’invasione dell’Ucraina Putin avrebbe dovuto cercare di evitare perdite civili per la condivisione con gli ucraini dei legami culturali e familiari. Questo non è avvenuto. Secondo il Washington Post le vittime stimate nella sola città di Mariupol sono circa 5 mila, anche se gli ucraini hanno maggiori possibilità dei siriani di difendersi dai bombardamenti russi, bunker profondi e gallerie della metropolitana che ancora resistono ai missili e alle bombe.
Diversamente dal conflitto siriano – dove la Russia ha combattuto con costi relativamente bassi, attaccando dal cielo, mentre le forze siriane e le milizie alleate attaccavano dal terreno – la Russia ha spedito migliaia di truppe di terra in Ucraina, dove sta soffrendo gravi perdite. Ma come le perdite aumentano sul terreno e l’offensiva si blocca, Putin può ruotare verso la guerra aerea che ha pagato in Siria. Ripristinando la tattica “low cost” della guerra siriana.
Ora la domanda è se esiste uno schema intenzionale nelle strategie e nelle tattiche dell’esercito russo che utilizza gli obiettivi civili per acquisire vantaggi militari o se ci sono modalità e schemi, da lungo tempo documentati, secondo i quali nei fatti militari gli esseri umani possono perdere le loro vite, l’accesso alle loro risorse, l’accesso alle loro case. Possiamo dire dai fatti osservati che non sono negabili alcuni schemi di comportamento delle forze armate Russe – il massiccio uso dell’artiglieria e dei mezzi corazzati, prevalenza delle forze convenzionali di terra, organizzazione delle forze per i grandi spazi, uso dell’assedio, tipo di munizionamento – che rendono la distinzione tra obbiettivi militari e obbiettivi civili assai manipolabile, secondo uno schema che dall’assedio di Grozny nel 1999, ci ha portato in Siria, dove la tecnica dell’assedio è stata perfezionata, ed oggi porta a Mariupol che, nemesi della storia, oggi rappresenta la Stalingrado del nuovo secolo. Per individuare la radice dell’abolizione della differenza tra obbiettivi militari e obbiettivi civili, bisogna però andare indietro, per trovare il “nemico radicale”. Precisamente al 26 aprile del 1937 quando, durante la guerra civile spagnola, la legione nazista Condor – unità volontaria della Luftwaffe – sperimentò il primo bombardamento aereo a tappeto sulla città di Guernica, cancellando ogni distinzione tra belligerante e civile. Così fu coniato il concetto di “Guerra totale”. Principio secondo il quale Hitler, due anni e quattro mesi dopo, diede fuoco all’Europa.
Riportando la guerra in Europa, la Russia di Putin, il cui esercito si dichiara ancora erede dell’Armata Rossa, vorrà portare anche il pesante fardello della guerra totale?