Negare alla Russia la strategia per il dominio

di Dario D’Italia

La guerra che la Russia ha imposto all’Ucraina, dopo il rovinoso tentativo di blitzkrieg, si è trasformata in una semi statica guerra di materiali. Mentre nell’iniziale tentativo di guerra lampo le capacità strategiche richieste erano il movimento e la qualità dell’addestramento delle truppe, oltre ovviamente a scelte tattiche e strategiche vincenti degli Stati Maggiori, in questa nuova fase contano il numero degli uomini dispiegati, le artiglierie e i sistemi aerei e missilistici. Per il dominio del campo di battaglia e la sua proiezione in profondità contano, infatti, il numero di lanciatori di proiettili, di munizioni, bombe, sciami di missili e di droni. La possibilità di prevalere, in un quadro di relativa parità delle qualità tecnologiche e digitali, è assegnata alle capacità demografiche e industriali delle società coinvolte di fornire i coscritti necessari per condurre i sistemi d’arma dei rispettivi eserciti, ma principalmente le basi militari industriali per il rifornimento del materiale bellico. 

Affrontata da questa prospettiva, appare chiaro che la Russia non potrebbe sconfiggere l’Ucraina o l’Occidente, se l’Occidente intendesse mobilitare le sue risorse per resistere al Cremlino. Secondo i dati dell’Isw (Institute for the Study of War)1 riportati nella tabella qui sotto, le capacità industriali, tecnologiche e militari esistenti e latenti dell’Occidente rendono nane quelle della Russia. Il Prodotto Interno Lordo dei Paesi della Nato e Paesi Europei non membri della Nato, supera i 53 trilioni di dollari, insieme agli alleati Asiatici è oltre i 63 trilioni di dollari. Il PIL della Russia è vicino a 2,2 trilioni di dollari, mentre Bielorussia, Iran e Corea del Nord aggiungono circa 486 miliardi in termini di supporto materiale, per un totale di circa 2,7 trilioni di dollari. La Cina con i 17,9 trilioni porterebbe il confronto a circa 20,8 trilioni di dollari. Come sappiamo la Cina sta sostenendo la Russia, ma non si sta mobilitando per essa ed è improbabile che lo faccia. In questo contesto di base appare del tutto ovvio che se l’Occidente sostenesse lo sforzo bellico ucraino, la Russia non vincerebbe. 

PIl Coalizione di Supporto All'Ucraina guidati dalla Nato vs Pil Colazione guidata dalla Russia e Autocrazie ( in Trilioni di $)

Operazione speciale: far credere che la Russia non sia vincibile 

La vera operazione speciale di Putin è veicolare la credenza che la Russia non può essere sconfitta. Nel corso dell’ultimo decennio, propagandare questa versione nel mondo è l’operazione cardine dell’informazione russa, che ci dà una visione della vera strategia del Cremlino alla quale affida la maggiore speranza per il successo in Ucraina. Il Cremlino sa che deve frazionare il fronte occidentale, separare l’Ucraina dagli gli Usa e dall’Europa, per consentire al suo esercito di combattere l’isolata Ucraina. Per poi disgregare la Nato e separare gli Usa dall’Europa e procedere verso il successivo obiettivo. Mosca ha bisogno che i Paesi occidentali scelgano l’inazione e abbraccino la presunta inevitabilità che la Russia prevarrà in Ucraina. Il centro di gravità di Vladimir Putin è la sua abilità di influenzare la volontà e le decisioni dell’Occidente e dell’Ucraina e formare quelle della Russia. La strategia che conta di più, quindi, non è quella del campo di battaglia, piuttosto quella di farci vedere il mondo come vuole che lo vediamo e farci prendere le decisioni in questa realtà alternativa generata dal Cremlino, che consentirà alla Russia di vincere nel mondo reale. La disinformacija come misura attiva per la manipolazione della percezione è una delle capacità portanti della strategia imperiale russa che, in questa fase, è utilizzata con forza sulle opinioni pubbliche occidentali come principale risorse per vincere la guerra 

Per molti anni è stato consentito alla Russia di giocare un ruolo importante nell’orientare i punti di vista e le opinioni occidentali. Nonostante ciò, le società occidentali hanno ancora il potere di negarle la principale via per la vittoria. Il successo chiave nei primi mesi della guerra del 2022, ottenuto dagli ucraini e dai suoi partner, è emerso con chiarezza. Le successive opportunità perse sul campo di battaglia, dall’altro lato, sono risultate dai fallimenti della capacità dell’Occidente di connettere le verità di base con i propri interessi. Questo disallineamento è lo scopo della manipolazione che la Russia ha messo in campo per chiudere l’ampio divario tra gli obiettivi della guerra e le sue capacità. I paesi occidentali e in primo luogo gli Usa, pur mantenendo il loro supporto all’Ucraina, non hanno garantito la sufficiente tempestività ed efficacia per evidenti segni di offuscamento della posta in gioco. Il ritardo come scopo dell’operazione informativa è a costo di vite ucraine, incrementa il rischio di fallimento ed erode il vantaggio dell’Occidente sulla Russia, oltre a garantire al Cremlino il tempo per ricostruire e sviluppare le capacità che intende usare contro gli avversari. 

L’Occidente deve sconfiggere la capacità russa di alterare la volontà di prendere decisioni per ragioni che trascendono l’Ucraina. Per il futuro delle società aperte le decisioni devono essere tempestive e connesse agli interessi, ai valori e alle verità di base, ma soprattutto devono essere non condizionate. I sistemi sociali aperti dell’Occidente hanno riflettuto sull’importanza e sul vantaggio del processo decisionale democratico, inclusa la tempestività, nei momenti cruciali, rispetto a quelli degli avversari. Oggi l’Ucraina e il mondo reale presentano la richiesta urgente di praticarlo. 

La Strategia del Cremlino: il controllo riflessivo 

Il principale sforzo del Cremlino è condizionare gli altri ad accettare e ragionare a partire dalle proprie premesse per decisioni che promuovono gli interessi russi. Il Cremlino non cerca di argomentare con noi sulla realtà data. Sta cercando di rafforzare la convinzione che il ritratto dell’altra realtà costruito dalla Russia sia la base per la nostra discussione, per poi indirizzare i nostri ragionamenti verso conclusioni già predeterminate. Quindi, accettare le premesse russe e ragionare a partire da esse è un modo di procedere formalmente logico, ma certamente non razionale, dal momento che la rappresentazione è divorziata dalla realtà e dai nostri interessi.  

Il matematico e psicologo sovietico Vladimir Lefebvre2 definì questo processo come “controllo riflessivo”: un modo per trasmettere le basi per prendere una decisione ad una controparte, così che essa liberamente pervenga ad una predeterminata decisione.  

Tra i tasselli dell’altra realtà raccontata da Putin ci sono alcuni punti fermi: la discussione dell’adesione alla Nato dell’Ucraina poneva una chiara e imminente minaccia per la Russia; l’Ucraina non è un paese reale ed era stato istituito su false premesse dall’Unione Sovietica; la Russia ha il diritto di auto definire le sue sfere di influenza e, quindi, è giusto fare qualunque cosa a quelli all’intero della propria sfera, inclusa l’invasione, le uccisioni, rapine e pulizia etnica, senza ripercussioni. Il grado con il quale il discorso occidentale considera queste menzogne come serie considerazioni segna il successo a lungo termine delle operazioni di informazione. Alcuni accettano sia i falsi predicati, sia le risultanti conclusioni con convinzione. Altri possono accettare i predicati, ma rifiutano la conclusione che uno di questi argomenti possa giustificare l’invasione e le atrocità commesse. Molti, infine, possono vedere le manipolazioni del Cremlino e riconoscere che la guerra russa sia comunque non provocata e di conquista.  

L’operazione di informazione si muove su una tastiera complessa, ad esempio cerca di indirizzare l’ultima categoria, quella dei molti, su un differente livello di ragionamento, sulla volontà di fare qualcosa contro la guerra e la durata della volontà di farlo. Quindi dirige la nostra percezione sui costi, le priorità, i rischi, l’allineamento con i nostri valori e gli effetti delle nostre azioni. Le principali false asserzioni che i Cremlino sta cercando di veicolare sono che l’Ucraina non può vincere la guerra, che supportare l’Ucraina è una distrazione dai problemi “reali” della propria società e che il rischio è quello di essere coinvolti in una lunga guerra, anche se poi comunque l’Ucraina sarà colonizzata. Inoltre, il rischio di aiutare l’Ucraina ad auto difendersi, figuriamoci a vincere, è più alto rispetto a quello di fallire: troppo costoso, troppo rischioso e per questa Ucraina non vale la pena. Non è molto difficile smentire queste false affermazioni, ma l’obiettivo russo è che tra noi possano circolare opinioni, accolte come parte della realtà, che alimenta la conclusione che il prevalere della Russia in Ucraina è inevitabile e, per questo, noi dovremmo starne fuori. Su questo versante Mosca ha colto e sta cogliendo importanti risultati. 

È importante sottolineare che in nessun modo quelli che si oppongono a continuare o espandere il supporto all’Ucraina lo stanno facendo come risultato delle misure di “controllo riflessivo”.La questione, comunque, è che bisogna riconoscere l’enorme sforzo che il Cremlino sta facendo in queste ed altre descrizioni in ordine al creare un quadro della realtà che, preso nella sua totalità, è falso. La verità è che la Russia non aveva il diritto di invadere l’Ucraina, non ha il diritto di controllarla, non è stata provocata per questa invasione, non è prestabilita la sua vittoria e non è inevitabile l’escalation contro la Nato. Aiutare l’Ucraina a liberare i suoi territori strategici è il solo percorso praticabile per costruire le condizioni di una pace duratura e resta il più prudente corso d’azione che tuteli i nostri valori e assicuri i nostri interessi. 

Il Cremlino sta anche inondando il discorso pubblico occidentale con false narrative, forzandoci a spendere energie, tempo e decisioni su un’ampia banda di questioni irrilevanti, piuttosto che su quelle fondamentali. Un esempio chiave è il mito sulla Russia protettrice degli Ucraini di lingua russa. Nonostante le ben documentate realtà delle deportazioni e delle spoliazioni, la discussione di lasciare che Putin mantenga le province con popolazione di lingua russa per fermare la guerra persiste nel dibattito Occidentale. Anche questa trae origine dalla falsa premessa che la Russia abbia portato la guerra in Ucraina per proteggere la lingua russa, per poi arrivare alla conclusione discutibile e ingiustificabile che la cessione delle porzioni di territorio di lingua russa da parte dell’Ucraina possa fermare la guerra. Così come è falso l’altro casus belli, quello della “denazificazione”, creato da Putin per giustificare la guerra, distorcendo la storia  

La storia della Russia di Kijv è, infatti, tanto irrilevante per la guerra in corso quanto le vicende dell’Impero Romano lo furono per la Seconda Guerra Mondiale. Ogni Paese, se lo volesse, potrebbe avere una sua base storica per affermare i diritti su alcuni o tutti i territori dei suoi vicini. Il mondo, per evitare una guerra hobbesiana di tutti contro tutti, ha rigettato da tempo la validità di questi argomenti. Il Cremlino, invece, con questa scusa, vuole forzare l’Occidente a dedicare energie su una irrilevante discussione sul fatto se l’Ucraina abbia il diritto di essere uno Stato. Nessun Paese, con un seggio alle Nazioni Unite e riconosciuto da una stupefacente maggioranza degli Stati nel mondo, ha l’obbligo di provare il suo diritto ad esistere. Non importa quanto piccolo o etnicamente simile ad un altro possa essere. Questo principio è centrale nell’attuale ordine mondiale e la sua messa in discussione aprirebbe le chiuse della guerra nel mondo. Tutti i predatori userebbero queste motivazioni per giustificare gli attacchi contro l’aspirante preda.  Nel suo attacco revisionista dell’ordine mondiale e dei suoi fondamenti giuridici e morali, la Russia sta aggredendo i concetti chiave nel dibattito occidentale sulle nozioni di guerra, di pace e di difesa. 

Nella nuova semantica di Mosca, pace significa arrendersi 

Le società occidentali, ammaestrate anche dall’orrore dei due conflitti mondiali dello scorso secolo, naturalmente e comprensibilmente gravitano verso la pace. I nostri imperativi religiosi, etici e morali propendono per cogliere la prima opportunità, in ogni conflitto, per fermare il combattimento. Questo concetto è stato trasferito all’Onu, le cui forze di interposizione rimandano all’imperativo che impone che in caso di conflitto la prima azione sia dividere i contendenti.
Il Cremlino ha sfruttato la predisposizione dell’Occidente per la pace come ancora di salvezza per le guerre in Cecenia e in Siria. Anche con l’Ucraina, un Paese che Putin considerava così poco minaccioso da valutare di poterlo conquistare in una manciata di giorni, Mosca ha avuto l’opportunità per scegliere la pace, sarebbe bastato non invaderla. Fin dal febbraio del 2022 la formula del Cremlino per la pace comportava la distruzione della sovranità dell’Ucraina, cosa ribadita anche recentemente dal vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Russo, Dmitry Medvedev, che ha chiesto esplicitamente l’eliminazione dello Stato ucraino e il suo assorbimento nella Russia. L’uso del termine pace da parte del Cremlino è stato sempre incompatibile con le sue azioni, che includono tra l’altro i rapimenti dei bambini, la deportazione delle popolazioni e i ripopolamenti forzati con altre etnie, per sradicare l’identità ucraina nei territori occupati. Lo sfruttamento del Cremlino dell’argomento occidentale per “fermare lo spargimento di sangue” nasconde, inoltre, un’altra sfumatura critica: interrompere i combattimenti, infatti, non fermerebbe le uccisioni che continuerebbero nei luoghi di deportazione e nelle camere di tortura. Un processo del genere, però, sarebbe meno visibile per le società civili occidentali, visto che le vittime sarebbero in balia dei nuovi signori, una volta private delle loro identità. Il Cremlino usa lo specchietto della sua pace per convincere l’Occidente che il male minore sia la resa dell’Ucraina, risultato che la Russia finora non è riuscita ad acquisire militarmente. Ogni volta che il Cremlino “fa segnali di pace” in realtà intende evocare la resa dell’Ucraina e il cedimento dell’Occidente. Il segnale che l’operazione informativa russa sta avendo successo è evidenziata dal dibattito Occidentale che continua a indugiare sulle false aperture del Cremlino, nonostante la totale mancanza di evidenze per supportare ogni ragionevole valutazione, lasciando, nello stesso tempo, che riorganizzi il fronte, ricostituisca gli arsenali e i battaglioni per intensificare la sua guerra. 

Resistere all’aggressione russa è una minaccia 

Nessuno dovrebbe farsi confondere dai verbi quando si valutano le azioni ucraine. La Russia ha attaccato proditoriamente l’Ucraina. E l’Ucraina ha scelto di difendersi. Le azioni dell’Ucraina sono la resistenza alla morte, all’occupazione, alle atrocità e all’annullamento della loro stessa Identità. Il dibattito occidentale è ancora impigliato nell’accusa all’Ucraina, o a se stesso, di intensificare o prolungare la guerra. La logica imperiale del Cremlino considera il contesto ucraino come un fatto interno, dove ognuno che osa resistere è un aggressore e la Russia è la vittima. L’avvio dell’operazione informativa e lo smottamento semantico iniziano con la legittimazione occidentale della Russia, che da belligerante in Ucraina fin dal 2014, viene accreditata come mediatore dei colloqui di Minsk. Questo ha dato al Cremlino otto anni per costruire la sua narrazione, nella quale ogni azione di autodifesa ucraina o di riluttanza a piegarsi alla volontà dell’invasore, veniva descritta come aggressione. Nessuno dovrebbe confondere i verbi, quando predicano le azioni dell’Occidente riguardanti la Russia. L’Occidente dopo l’implosione dell’Urss ha evitato di aumentare la pressione sulla Russia, ha praticato l’auto deterrenza e l’apertura degli scambi, ha consistentemente scelto il sentiero della negoziazione, del comporre le controversie e delle concessioni. A cavallo del secolo scorso la Russia non è stata considerata una minaccia, l’attenzione era focalizzata sul terrorismo, mentre gli Usa stavano spostando il loro interesse strategico per il confronto egemonico sul Pacifico. Lo scacchiere Atlantico era considerato più stabile e la stessa Russia poteva negoziare il suo status di partner del nuovo assetto euroatlantico, dopo la dissoluzione dell’Urss e le scelte dell’Europa dell’Est nel sistema europeo. La percezione della minaccia russa cominciò a manifestarsi nel 2016, quando si ebbero le prime prove concrete della sua interferenza nelle elezioni presidenziali americane. I sistemi di sicurezza occidentali ricostruirono ex post l’inquietante capacità operativa nelle campagne di comunicazione condotte nei vari Paesi europei in eventi elettorali, come la Brexit, o nei dibattiti polarizzanti delle società civili. La Russia si è auto dichiarata avversaria dell’Europa, della Nato e degli Usa, ma nessun Paese occidentale, nel frattempo, aveva intensificato misure difensive e trasformato i propri sistemi di sicurezza, o la propria dottrina militare difensiva, prima dell’invasione su ampia scala dell’Ucraina del 2022. Nonostante questa postura difensiva, l’Occidente valuta ogni spesa per i propri sistemi di sicurezza come proiezione aggressiva e concede, così, la base della discussione al Cremlino. Questo include sia le azioni per difendersi e difendere gli alleati, sia le misure per limitare l’accesso della Russia alle tecnologie occidentali dual use e ai mercati. Anche se il Cremlino rappresenta queste azioni come un’aggressione, queste misure difensive non possono essere trasformate in aggressive. Ma il Cremlino ha condizionato parte delle opinioni pubbliche e dello spettro politico occidentale a pensare in questo modo. La capacità russa di presentare questo quadro distorto, divorziato dalla realtà, trae anche beneficio dalla divaricazione sul tema degli armamenti, già molto presente nelle opinioni pubbliche occidentali che l’interventismo Usa o Occidentale sia la fonte di tutti o dei maggiori problemi del mondo. Le persone hanno certamente diritto alle proprie opinioni su queste questioni, ma tutti dovrebbero essere consapevoli delle modalità e della rilevanza con cui il Cremlino cerca di influenzare la nostra discussione interna, deviandola dall’aggressione, per proteggere sé stesso dalle conseguenze delle sue atrocità. La focalizzazione del Cremlino sulla degradazione delle capacità decisionali delle società occidentali non è nuova o limitata all’Ucraina. Manipolare la percezione è un elemento chiave della strategia di Putin, un modo di acquisire gli obiettivi oltre i limiti del potere della Russia. Ancora oggi, la Russia non avrebbe le capacità militari sufficienti per raggiungere i suoi obiettivi massimi se l’Ucraina conservasse la volontà di combattere e l’Occidente garantisse il suo supporto. Impoverire le capacità decisionali dell’Occidente è una delle poche, probabilmente l’unica via, per restringere il gap tra gli obiettivi e i mezzi in Ucraina. 

La Guerra è una Operazione speciale 

Nella rappresentazione pubblica russa la guerra in Ucraina non esiste. Il tentativo di invasione totale è stato dall’inizio classificato come operazione speciale. Le diplomazie occidentali e la gran parte degli analisti hanno visto in questa classificazione sia da motivazioni di ordine interno, come la volontà del Cremlino di occultare alla propria opinione pubblica che il Paese era impegnato in una guerra di aggressione, sia da motivazioni internazionali, ovvero presentare l’intervento armato come tutela delle minoranze russofone e costruire un buffer verso la Nato. Questa lettura, come il tentativo russo di camuffare il suo intervento militare, rischia di non rivelare del tutto l’operazione informativa che si nasconde dietro questa definizione.  Bisogna partire dalla considerazione che per Putin non serve a camuffare la realtà, ma a descriverne in modo coerente un’altra, quella russa. Abbiamo affermato poche righe sopra, che il Cremlino vuole che l’Occidente accetti il diritto della Russia imperiale di auto definire le sue sfere d’influenza e di poter operare al loro interno, secondo ogni arbitrio della sovranità. L’intervento in Ucraina, definito operazione speciale, serve proprio ad affermare che l’Ucraina è una questione interna dell’Impero russo. L’invocazione, anche di alcuni in Occidente, a guardare la questione con la lente di un malinteso realismo politico, tende a portare la questione nel pieno del XVII secolo. L’accettazione di questo continuo scivolamento semantico servirebbe a preparare il dopo Ucraina, quando la stessa questione, come sta già accadendo in Georgia, si porrà per gli stati baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), fino alla progressiva affermazione della supremazia Russa sui Paesi europei dell’ex Patto di Varsavia. 

L’Occidente accetta e ragiona sulla realtà alternativa di Mosca 

L’Occidente ha accettato l’annessione di fatto della Bielorussia, legittimando la premessa di Putin che questo stato è nella sfera d’influenza russa. L’Europa ha consentito alla Russia di condurre gli incontri per la pace dopo l’occupazione militare della Crimea del 2014, accettando la falsa realtà che la Russia fosse un mediatore in un conflitto che, invece, aveva deliberatamente iniziato. Con l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022 il mondo ha avuto un momento di chiarezza, riconoscendo le vere intenzioni e capacità della Russia, inclusi i suoi limiti, le ragioni ucraine e le scommesse di civiltà che questa guerra implica. La chiarezza strategica ha prodotto un successo critico, consentendo all’Ucraina di sconfiggere la Russia nella battaglia di Kyiv e avviare la controffensiva per la liberazione di molta parte dei territori occupati. Fallita la “guerra dei tre giorni” il Cremlino si è visto costretto a rimodulare la sua operazione speciale di informazione su obiettivi subordinati. Innanzitutto, favorendo, ancora, lo scivolamento semantico, nelle cancellerie e tra l’opinione pubblica, tra il concetto di difesa e minaccia per bloccare o ritardare le forniture militari, rinforzando l’allarme che le armi fornite all’Ucraina sarebbero state considerate una escalation. Ha così indotto nella discussione occidentale una perniciosa delimitazione del diritto di autodifesa, inclusa la legittimità di colpire obiettivi militari in Russia con il materiale militare fornito dall’Occidente e, ancora oggi, questa discussione impedisce all’Ucraina di dispiegare tutte le sue capacità difensive. Tra gli altri obiettivi dell’operazione in corso vi sono quelli di contrastare e ritardare il trasferimento degli asset russi congelati all’Ucraina o l’applicazione di più energiche sanzioni. Ai quali si aggiungono quelli di imporre continue linee rosse, agitando la minaccia nucleare per scoraggiare il potenziamento delle capacità militari ucraine, usando il ricatto nucleare ed altre minacce ambigue, di minare le capacità della Nato di resistere alla pressione russa sfruttando le relazioni con selezionati membri della Nato per introdurre divisioni tra i membri dell’Alleanza, di manipolare la percezione occidentale su cosa costituisce una vittoria o una sconfitta in Ucraina, di distrarre l’Occidente dall’aggressione russa giocando sulle paure per l’emergere di altri conflitti nel mondo, di indurre l’Occidente ad avviare per conto dell’Ucraina una diplomazia coperta disposta a discutere su una piattaforma costruita secondo la realtà russa. Come abbiamo visto in questi mesi, la Russia persegue nelle sue abilità di alterare la percezione Occidentale, senza modificare in modo significativo le capacità militari e grazie allo stallo delle forniture militare e le limitazioni imposte nell’uso dell’Occidente, sta acquisendo capacità di inziativa sul fronte. L’auto limitazione e i ritardi sono diventati la vera risorsa del Cremlino per sostenere questa guerra. Le operazioni di informazione centrate sulla minaccia nucleare della Russia, nell’inverno del 2022, miravano a ritardare l’approvvigionamento di forniture chiave per l’Ucraina. L’incapacità di garantire le risorse necessarie, dopo le vittoriose operazioni controffensive del 2022, contribuì a far perdere l’opportunità di condurre la terza fase della controffensiva dell’inverno 2022-2023. Questa tregua consentì alla Russia di costruire la sua difesa in profondità e condurre una parziale mobilitazione per puntellare le truppe, inibire una nuova offensiva ucraina e successivamente avviare la propria. L’esitazione occidentale a fornire sistemi più a lungo raggio all’Ucraina, rinunciando agli effetti strategici che questi sistemi avrebbero generato sul campo di battaglia, sono stati guidati dalla paura alimentata dal Cremlino che l’Ucraina avrebbe potuto usare questi sistemi per colpire obiettivi in Russia, provocando una non specificata escalation. Mentre il Cremlino ha proceduto con la nazionalizzazione degli asset occidentali in Russia, in occidente continua la discussione, non tanto sul trasferimento degli asset russi congelati all’Ucraina, bensì sul trasferimento degli utili generati. L’auto-deterrenza occidentale non ha impedito però al Cremlino lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma e l’approvvigionamento di equipaggiamenti militari della Corea del Nord e dall’Iran, aumentando gli scambi militari tra questi paesi, le connivenze soprattutto cinesi e l’acquisizione di tecnologie dual use, attraverso il mercato parallelo.  

Definire la strategia del Cremlino 

Uscire dalla realtà alternativa generata dal Cremlino, chiede di più che evadere dalle operazioni di informazione russe. La Russia mira ad eradicare l’Ucraina come Stato, per affermare il suo diritto di egemone. La Russia imperiale si arroga il diritto di definire i confini del suo dominio e considerare ciò che mette in discussione il suo ordine interno un problema di polizia. Oltre a quello di definire il suo perimetro egemonico o sfera d’influenza sulle aree limitrofe popolate da stati semiautonomi. Una realtà inaccettabile per la comunità internazionale, nella quale ogni Stato sarebbe costretto ad interrogarsi sulla sua legittimità ad esistere. Il futuro potere della Russia e delle sue capacità di minacciare l’Occidente dipende dalla guerra in Ucraina. L’intento del Cremlino di minare gli Stati Uniti, spaccare la Nato e frantumare l’Europa non solo persiste, ma sta crescendo. Il Cremlino si sta preparando per un conflitto su larga scala, ideologico politico con l’Occidente e politico militare con la Nato, ma la possibilità di realizzare questi obiettivi non è ineluttabile. La capacità della Russia di rafforzarsi, di promuovere la sua narrazione per manipolare percezione e volontà delle società occidentali, di cementare la sua coalizione, dipende dal fatto che la Russia vince o perde in Ucraina.  La minaccia nucleare continuerà ad essere l’aspetto chiave della proiezione della manipolazione russa. Per otto anni, dopo che la Russia aveva occupato la Crimea, l’Ucraina o l’Occidente hanno accettato che guidasse le trattative per la pace, ma Putin ha re-invaso comunque, portandoci in questo scenario instabile sotto una crescente minaccia nucleare. Certamente una Russia vittoriosa significherebbe una vittoria del controllo riflessivo e costituirebbe una più veloce strada per una guerra Russia-Nato, rispetto ad una vittoriosa Ucraina. Il suo prevalere, inoltre, potrebbe costituire un convincente argomento per rendere credibile questa minaccia e sarebbe un’ulteriore spinta per la proliferazione nucleare. Inoltre, fermare la Russia in Ucraina consentirà all’Occidente di riconquistare le sue capacità di deterrenza. Un’Ucraina filo Nato, infatti, anche se non nell’alleanza, porrebbe una seria sfida militare ai piani russi di attaccare gli Stati baltici o la Polonia, aumentando le possibilità dell’Ue e della Nato di ridimensionare i contrasti ed evitare future guerre con la Russia. 

L’Occidente ha questo vantaggio, ma deve decidersi ad usarlo. Come abbiamo visto, dal punto di vista tecnologico e industriale l’Occidente è un gigante che a volte si comporta come un nano. Tutto quello che gli serve è stare in piedi. Questo spiega perché la Russia ha bisogno di sviluppare compensazioni e modi di combattere asimmetrici. La dinamica del potere è a favore dell’Occidente e dell’Ucraina, ma solo nel caso in cui l’Occidente decidesse realmente di mobilitarsi per assumere una postura di sicurezza che minimizzi rischi nel futuro. Il gap che è necessario colmare per aiutare l’Ucraina a vincere è minore di quello di cui ha bisogno la Russia per raggiungere i suoi obiettivi. Il Cremlino ha mobilitato molte delle sue risorse, ancora lontane dal suo potenziale, ma in ordine di grandezza superiori a quelle che ha attivato l’Occidente. Putin probabilmente impiegherà più truppe e materiali, ma l’aumento delle capacità della Russia non sono né illimitate né senza costi e vincoli. L’Occidente non è così fragile come la Russia vuole che noi pensiamo. In questi anni Putin ha cercato di ibernare l’Europa, ma ha fallito. Ha cercato di spaccare la Nato e ha ancora fallito. Ha cercato di invadere un Paese che avrebbe dovuto conquistare con una “guerra di tre giorni” e dopo dieci anni ne controlla solo il 18%. Sminuire la percezione che l’occidentale ha della propria forza è ancora una volta componente chiave della manipolazione del Cremlino. 

Il vantaggio occidentale non è però una condizione permanente. Le vite ucraine perse e la crescita della capacità russa sono i costi dei ritardi delle indecisioni americana ed europea. Le istituzioni ucraine e la volontà di combattere sono valori storici che non dovrebbero essere dati per scontati. Ormai Putin ritiene di essere in guerra con l’Occidente e agisce di conseguenza. Tanto che ha recentemente firmato il decreto per restaurare i distretti militari di Mosca e Leningrado, che potrebbero essere funzionali per una potenziale futura guerra convenzionale su larga scala contro la Nato. Contemporaneamente è stato intensificato l’uso di minacce contro la Finlandia e i Paesi Baltici, includendo l’accusa di intolleranza verso l’etnia russa nella regione. Una ripetizione di un copione già letto. L’erosione della capacità di contrastare le minacce russe sarà proporzionale al ritardo con il quale l’Occidente le percepisce. 

La prossima decisione 

L’Europa, gli Usa, la Nato e gli alleati devono ripristinare la propria chiarezza strategica e attuarla in modo efficace: supportare l’Ucraina per la vittoria è l’unica strada per una pace duratura. Aiutando la sua ricostruzione, si ergerebbe un pilastro del sistema di sicurezza dell’Europa e della prima linea della difesa Nato. Un sostenibile impegno duraturo garantirebbe all’Ucraina la certezza sulle risorse per pianificare le operazioni future, dando per scontato che la postura della Russia sarebbe, comunque, una sfida persistente e che il suo contenimento richiederebbe un impegno di lungo periodo. I costi di questo impegno sono minori, comparati alle catastrofiche e irreversibili conseguenze del lasciar prevalere la Russia.  Per conseguire questi obiettivi l’Occidente deve rimodulare i suoi per la sicurezza collettiva, rifornendo l’Ucraina con sufficienti aiuti militari e altri supporti per riprendere le manovre sui campi di battaglia e sostenendo l’espansione della sua base industriale per la difesa. Inoltre, sarà necessario colpire le fonti della forza russa, la quale sebbene abbia lanciato una guerra d’occupazione non provocata continua a pretendere l’immunità dagli attacchi con armi occidentali. Bisogna rimuovere la remora di considerare gli obiettivi militari e le infrastrutture in Russia legittimi bersagli della guerra difensiva dell’Ucraina. Infine, sarà essenziale porre termine alla libertà di manovra delle “mucche sacre russe”, come ad esempio la corporazione statale dell’energia atomica Rosatom, che costituisce oggi la più efficace arma del Cremlino, con la sua attività che spazia dall’Ucraina, all’Africa e all’Artico senza ostacoli grazie alle interdipendenze delle economie occidentali. In una strategia a lungo termine, il disaccoppiamento societario è possibile e servirebbe a negare a Mosca l’inviolabilità dei suoi santuari.  

Focalizzarsi sulle asimmetrie 

La campagna militare in corso ha evidenziato alcuni punti critici della Russia, dalla vulnerabilità della flotta del Mar Nero e quella dei siti industriali e delle infrastrutture della difesa dagli attacchi dei droni e missili ucraini. Bisogna rafforzare questo approccio asimmetrico, per costringere lo Stato Maggiore russo a scelte difficili che impatterebbero anche sul campo di battaglia. Putin sta adottando contro l’occidente una strategia multilivello a tutto campo, per questo è necessario rispondere con altrettanta determinazione, dall’Africa fino all’Artico, per spogliare il Cremlino delle sue capacità di compensazione e impedirgli di alterare e di intervenire nei nostri processi decisionali, negandogli anche il lusso del tempo necessario per raggruppare le forze per il campo di battaglia. 

La fermezza militare con la quale bisogna rispondere alla minaccia russa non esaurisce la sfida che le società aperte hanno di fronte. Le società occidentali hanno bisogno di ritrovare le risorse psichiche per riprendere la narrazione che riconnetta, su una base certa e condivisa, i valori, gli interessi e la realtà. Affrontare senza ipocrisie e autoflagellazioni le questioni delle libertà, dei processi decisionali democratici, delle disponibilità dei beni, dell’uguaglianza nei diritti e della loro certezza e volontà di praticarli, significa predisporre la più potente arma non distruttiva che l’Occidente possa brandire contro l’asse delle autocrazie e contro ritorni a mitiche società organiche con le loro iniquità e le spalle rivolte al futuro. 

  1.  https://www.understandingwar.org/
  2.  L’elaborazione moscovita della New Generation War poggia sulla teoria del “controllo riflessivo” che, coniata dallo psicologo sovietico Vladimir Lefebvre, si sostanzia nell’utilizzo di informazioni specificamente preparate per indurre un opponente a prendere decisioni che siano state già predeterminate come desiderabili dal mittente dell’informazione. Così, mentre la guerra cibernetica è un concetto nuovo perché legato al recente sviluppo tecnologico, le tattiche di dezinformtsiya (disinformazione) e maskirovka (inganno militare) hanno, invece, una lunga storia radicata nell’esperienza sovietica. La Federazione Russa ha ereditato la scienza militare sovietica, adattandola alle innovazioni tecnologiche. Anche la più recente “dottrina Gerasimov”, coniata dall’omonimo Capo di Stato Maggiore russo, si pone senza soluzione di continuità con le operazioni perpetrate durante la guerra fredda per indebolire nemici e soffocare aspirazioni nazionalistiche nelle ex-repubbliche sovietiche. Dalla prospettiva russa, altresì, eventi come la perestroika, Euromaidan e le “rivoluzioni colorate”, oltre che istituzioni quali il Fondo Monetario Nazionale e la Banca Mondiale, rappresentano strumenti di guerra ibrida.

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