Russia: l’Apocalisse come pratica politica 

La politica e l’inversione del tempo 

Secondo l’accademica dell’Institute of Technology della Georgia, Dina Khapaeva1, il neomedievalismo politico è diventato fondamentale, come fascinazione, per la memoria politica del regime di Putin con i suoi aspetti antidemocratici, incluse le estreme ineguaglianze sociali, la violazione delle libertà personali, la monarchia dispotica, il regno del terrore e la costruzione dell’impero. Nonostante l’ispirazione e le affermazioni premoderne, è un fenomeno prettamente moderno che legittima nuove forme di illiberalità piuttosto che ricreare le vecchie. Il neomedievalismo non è il primo tentativo in tempi moderni di cercare un modello sociale nel passato.  Ma oggi la sua originalità risiede nella radicale rottura con la moderna concezione del tempo, non più strutturata intorno alla teoria del progresso, bensì su una visione irenica del futuro, come la fine della civilizzazione. La temporalità regressiva verso un ideale Medioevo crea l’illusione che la storia possa essere ripetuta e rivissuta. In questa prospettiva, non deve sorprenderci che le fantasie apocalittiche nel lessico dell’estrema destra russa e di quelle occidentali siano convergenti. Appartengono alla stessa immaginazione storica, si nutrono degli onnipresenti temi apocalittici tipici della cultura medievale, ma se nell’Occidente il neomedievalismo dimora nel dominio dell’immaginazione, in Russia è diventato una parte integrale della pratica politica ufficiale. Qui infatti assume una sua precisa particolarità, integrata dallo sviluppo della sua memoria politica attraverso la re-Stalinizzazione, con il suo culto della vittoria ottenuta nella Seconda Guerra Mondiale. In questo quadro, la Russia post-sovietica fornisce indizi per la comprensione della fascinazione globale verso “tutte le cose medievali”. Indizi che possiamo riscontrare anche nella corrente crisi di futuro delle società aperte e liberal democratiche. Il neomedievalismo politico, infatti, rivendica le forme premoderne di organizzazione politica e sociali come preziose eredità culturali. Forme di radicalizzazioni che, partite dalla critica dell’Eurocentrismo e dell’astratto anticapitalismo e caricate da una ideologica anti-occidentale, hanno contribuito a far sorgere un radicale anti-umanesimo, un approccio che nella cultura odierna esprime profonda disillusione verso gli umani. Insieme a movimenti sociali che disprezzano l’antropocentrismo e pongono l’estinzione umana come loro obiettivo, il genere apocalittico e post-apocalittico può essere visto come l’ultima manifestazione di anti-umanesimo mercificato. Presentando la fine del mondo come futuro desiderabile, l’anti-umanesimo assiste il neomedievalismo nella promozione dell’apocalisse come destinazione teologica della storia. 

Putinismo e Apocalisse sociale2 

Il Putinismo letto in questo contesto è un regime di tipo nuovo. L’utilizzo di vecchi modelli, come il fascismo o il comunismo sovietico, rischiano di farci perdere la peculiarità dei processi incorsi in Russia. L’attuale regime “personalistico” manca della panoplia socialista ostentata dal regime sovietico, del dogma egualitario, dello Stato panopticon e dell’ideologia orientata al futuro. Oggi l’obiettivo del ricostituendo impero è il ritorno ad un passato medievale ed è il solo progetto che il Cremlino ha per i Russi. Ma il Putinismo non può neanche essere definito un regime fascista, anche se ci sono innegabili similarità tra loro, incluso il culto del leader, la venerazione della forza, una politica estera aggressiva, un governo del terrore, una fede gnostica e una nostalgia per il Medioevo. Ad esempio tratti di autoritarismo fascista sono riscontrabili nell’entusiasmo dell’estrema destra per l’adozione da parte di Putin, nel 2017, del Domostroj3 patriarcale che detta le norme per la vita quotidiana e legalizza certe forme di violenza domestica, oppure per il crescente ruolo della “politica ortodossa” nella vita pubblica o per il Gruppo Wagner come milizia politica. Anche se, quindi, il desiderio di chiamarlo  fascismo può essere comprensibile, ci sono delle caratteristiche che lo distinguono. Il fascismo aveva una componente modernista e offriva un progetto per il futuro e si sforzava, come fece il comunismo, di creare una società di tipo nuovo, per quanto mostruosa potesse essere. Il nazional socialismo, infatti, aveva una componente socialista: la sua teoria razzista prometteva un commonwealth pan-germanico da raggiungere attraverso la conquista del mondo, con l’eliminazione del popolo Ebraico e Rom e la schiavizzazione degli slavi. Mussolini, per esempio, mantenne buone relazioni con la Chiesa ma lo Stato conservò la sua natura laica e anche il Reich millenario conquistò il potere senza la trappola messianica.  Mentre oggi il messianesimo ortodosso è il cuore del progetto politico del Cremlino e la Chiesa Ortodossa russa e le sue sette giocano un ruolo cruciale nella memoria politica. Quindi il Putinismo è una ripetizione del Medioevo e un ritorno all’organizzazione sociale medievale o il neomedievalismo politico è semplicemente uno strumento del Cremlino usato per manipolare il pubblico? Probabilmente gli stessi ideologi del Cremlino credono sinceramente nella propria propaganda e desiderano ritornare alla Rus medievale, ma questo non significa che la Russia stia diventando medievale. Le allusioni medievali, così dominanti nel gergo nascondono, piuttosto che illuminare, il funzionamento interno della società post sovietica. Sostituiscono abilmente la cruda analisi della realtà post-sovietica con l’idea che il Medioevo stia tornando. 

L’attuale regime russo non è definito dalla commovente identificazione di cavalieri medievali in scintillanti armature o dall’ordine sociale feudale, sebbene a queste edificanti metafore medievali fanno appello gli amici manutengoli – crony capitalism4 – del presidente. Il Putinismo è, piuttosto, una società disturbata: una complessa società moderna gestita dalla cricca di un uomo solo al comando, che rappresenta una mescolanza di Fsb5 (servizi segreti) con il crimine organizzato e che controlla la maggior parte delle operazioni di Stato e i suoi domini privati. È un regime che manca di ogni sistema funzionale legale per proteggere le persone comuni contro i metodi violenti delle autorità.  

Il terrore e la sua memoria 

La memoria del terrore, a sua volta violentata, costituisce una continuità molto importante tra l’Urss e la Russia post-Sovietica. Mai interamente processato e compreso come criminale, questo terrore è stato riconfigurato nell’attuale vita quotidiana russa. Strumentalizzata dal Putinismo la memoria storica della Zona6 (così viene chiamato in gergo locale il sistema delle prigioni e dei campi sovietici e post-sovietici) forma la memoria delle masse post sovietiche, alimenta solo dai ricordi della burocrazia dei controllori e degli aguzzini dei campi stessi, pulita dai crimini e dalle sopraffazioni. I campi sovietici sorgono, insieme al regime bolscevico, come riorganizzazione delle aree di deportazione dello zarismo. Successivamente rinominati colonie, questi campi esistono ancora oggi. Nei settant’anni del regime sovietico milioni di persone passarono attraverso di essi, come internati o come guardie. La Zona fu una organica caratteristica del socialismo sovietico (anche dopo che il Gulag fu ufficialmente smantellato) e un’integrale esperienza per generazioni. Come sottolinea lo storico russo del sistema del Gulag, Oleg Khlevniuk7, la cultura del campo, diffusa da milioni ex carcerati e guardie, era stata disseminata attraverso il Paese e ha infettato l’intera società. I campi riflettevano accuratamente le caratteristiche della società che li aveva costruiti: le stesse sciatte pratiche di lavoro, la stessa criminale stupidità burocratica, la stessa corruzione e lo stesso cupo disprezzo per la vita umana. Questo spiega perché i detenuti chiamavano, ed ancora oggi lo fanno, il mondo sovietico fuori dai campi la Grande Zona. Fin dalle prime esperienze di organizzazione dei Gulag, la politica bolscevica scelse mettere i prigionieri politici, che occupavano il livello più basso di questa società suddivisa in caste, insieme con i più duri criminali. Una pratica che è rimasta corrente nella Russia post-sovietica. Nei campi sovietici ai criminali di carriera, condannati alla rieducazione, era consentito imporre le loro norme criminali sul resto dei prigionieri, in questo modo venivano instaurate regole e autorità che avrebbero aiutato le guardie a governare il sistema. 

Durante il secolo sovietico, la Zona ha generato regole sociali proprie completamente guidate dal sadismo e dal culto della forza. E anche dopo il collasso del comunismo, le prigioni hanno abilmente preservato lo spirito del terrore del sistema sovietico. Molte di questi luoghi sono rimasti operativi nelle stesse locazioni, senza interruzioni e certamente senza miglioramenti come descrive la nota analista americana, Anne Applebaum8 nella sua rinnovata monografia sui Gulag. Sotto il regime di Putin, la Zona è transitata nel mondo parallelo del sistema “matrix” delle relazioni sociali, rendendo normalmente accettabile una organizzazione sociale quasi castale. Analizzando le similitudini tra la Zona con la sua mafia come organizzazione sociale e le strutture tribali feudali, Lev Klein, un famoso archeologo, imprigionato per obiezione di coscienza tra il 1980 e 81 ha descritto la sua esperienza sottolineando che: Il campo come società di ladri […] ha un tremendo impatto sull’intera cultura del nostro paese9». La repressione politica inflitta dal regime di Putin, ha rinvigorito un’ininterrotta tradizione dello Stato di violenza e la costruzione della memoria delle masse post-Sovietica supporta e facilita questa degenerazione sociale.  Molti analisti concordano sul fatto che la Russia sia preda di poche famiglie potenti, tutte inserite nell’inner circle di Putin, strutturato come un’organizzazione di stile mafioso con estrema disuguaglianza della ricchezza.  Sebbene la mancanza di ogni statistica affidabile renda estremamente difficile speculare sulle strutture sociali post-Sovietiche, i resoconti dei media offrono alcune informazioni sulle pratiche emergenti nelle attuali relazioni sociali. Secondo alcune stime, dall’1% al 3% della popolazione possiede la maggior parte della ricchezza del paese (comparata con il 42% degli Usa).  

Sicuramente l’incremento delle diseguaglianze e l’ascesa del regime illiberale che hanno tradito le aspettative di una transizione post-comunista verso democrazia, hanno alimentato l’atteggiamento di rifiuto verso il futuro e amplificato l’uso della terminologia neomedievale nella gergalità. Comunque bisogna ribadire ancora una volta che questo non significa che il Medioevo è tornato in Russia. L’uso e l’applicazione dei concetti medievali per la realtà post-sovietica serve unicamente al potere per tentare di storicizzare e normalizzare l’incremento delle ineguaglianze sociali, l’autocrazia, e la repressione politica. Per esempio, l’uso del termine soslovie (tenuta o possedimento) nei documenti e procedure ufficiali riflette come attualmente per il regime lo stato patrimoniale del soggetto, in assonanza con il medioevo, rappresenti un modo per definire la condizione sociale e politica e legittimare le ineguaglianze sociali.  In molte cause civili riportate dai media russi, la polizia è stata presentata come una classe sociale o bene. Putin ha chiamato gli imprenditori russi “classe patrimoniale” e l’ex direttore dell’Fsb, Nikolai Patrushev, attualmente segretario del Consiglio di Sicurezza, ha definito i suoi cekisti (ufficiali dei servizi segreti) “la nuova nobiltà, come tenutari di proprietà e di patrimoni”. Ovviamente gli amici di Putin preferiscono pensare a se stessi come signori feudali, piuttosto che come criminali ordinari. I funzionari del Governo amano infatti appellarsi come “persone del Signore” e l’utilizzo di questa autodefinizione neomedievale dell’élite ha trovato una controparte nella parola medievale “kholop” (servo), usata per le persone ordinarie. L’uso colloquiale di queste parole esprime, da una parte il senso di ingiustizia sociale e la mancanza di protezione legale che impregna fortemente la realtà sociale post-Sovietica, dall’altra testifica l’accettazione del disprezzo verso chi è pensato come facente parte della parte più bassa della gerarchia sociale. La stessa considerazione russa per la schiavitù e servitù hanno subito una significativa trasformazione, sono passate da mali sociali da estirpare fino ad essere tollerate e addirittura approvate. 

Il Putinismo, in questo modo, ha prodotto un nuovo sistema sociale che si affida a nuove forme di diseguaglianza, tra le quali la moderna schiavitù gioca un ruolo importante. La Russia rimane tra le poche nazioni che non hanno mai sottoscritto la Convenzione del Consiglio d’Europa per le azioni contro il traffico di esseri umani, in vigore dal 1° febbraio 2008. Secondo il Global Slavery Index10 circa un milione di persone in questo Paese sono schiavizzate: o forzate al lavoro o come servitù sessuale. Il lavoro forzato non viene svolto solo in agricoltura e nelle costruzioni, ma penetra quasi tutte le sfere dell’economia russa. Per esempio, nella città di Tula, famosa per il museo di Lev Tolstoj nella tenuta di Yasnaya Polyana, i cittadini erano costretti a lavorare in condizioni servile all’ospedale municipale, in assonanza con le corvée medievale. Questo lavoro forzato e non pagato è di routine nell’esercito russo, che è ancora largamente formato dalla coscrizione. I media russi riportano abbastanza spesso notizie di istanze di soldati sfruttati dai loro ufficiali, incluso l’obbligo di costruire case per i superiori, fare lavori manuali di tutti i tipi e lavorare come veri e propri servi nelle loro casa. Queste pratiche, che sono un retaggio dell’esercito zarista e poi sovietico, sono attualmente descritte dai media come il ristabilimento positivo della famiglia patriarcale nella relazione tra i soldati e i loro comandanti. Le prigioni sono un’altra enclave di lavoro forzato nella Federazione Russa. Ogni anno i prigionieri fruttano miliardi di rubli al sistema. Nel 2019 un nuovo emendamento del Codice Penale adottato dalla Duma legalizza l’uso del lavoro dei detenuti nelle imprese private e nella costruzione di siti federali: di fatto sancisce lo stesso tipo di lavoro schiavistico come nei campi stalinisti, dove era una pratica comune. Nel 2021, poi, la pandemia spinse le autorità a irrobustire questo sfruttamento nei maggiori progetti pubblici di costruzione, come la ferrovia trans-Siberiana. Funzionari di grado elevato non si sottraggono a testimoniare la loro pubblica approvazione delle schiavitù. Valery Zorkin, Presidente del Consiglio Costituzionale, scrisse nella Rossiyskaya Gazeta11, il giornale ufficiale del Governo russo, di come la servitù aveva aiutato a tenere insieme la società russa pre-rivoluzionaria: «Con tutti i difetti la servitù era il principale legame che supportava l’unità interna della nazione. Non è una coincidenza […] se i contadini, anche dopo la riforma [che aveva abolito la servitù] usavano dire ai loro precedenti signori e padroni: noi siamo vostri e voi siete nostri». Secondo questa nostalgica descrizione, la più importante linea di tenuta sociale tra le strutture di potere e le masse di contadini, era quindi stata privata dalla capacità di contenimento rappresentata dal signore della terra. E questa fu una delle cause sostanziali che innescarono le sollevazioni dei contadini che poi furono organizzati nel processo rivoluzionario in Russia, tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. 

La schiavitù è strettamente legata alle ambizioni imperiali russe. L’estrema destra considera che una proprietà  può essere rappresentata dal possesso di persone appartenenti ad una casta bassa che può essere composta da immigrati dalle ex repubbliche sovietiche come i Tagiki o i Bashkirian oppure da migranti dalla Corea del Nord e dalla Cina. Nel 2011, per esempio, la Corea del Nord ha incrementato il numero di coreani spediti a lavorare in Russia, obbligati a versare oltre il 70% del loro salario mensile (intorno ai 100$) al bilancio dello Stato di origine. Le loro condizioni di vita sono simili a quelle dei detenuti sovietici nei campi di lavoro. Oggi i civili Ucraini, sia adulti che bambini, dei territori caduti sotto il dominio russo sono deportati con la forza in Russia, i loro passaporti distrutti e i loro diritti elementari calpestati. Neanche questo rende automaticamente il Putinismo un regime medievale, ma ne mostra certamente la sua natura inumana. 

Apocalisse come pratica12

Nel Medioevo le aspettative escatologiche erano una parte essenziale della mentalità. Oggi forniscono un ampio contesto per la sempre più frequente retorica del Giorno del giudizio di Putin, il quale con sempre maggiore insistenza combina pragmatiche minacce di armageddon nucleare con allusioni religiose. Sin dall’inizio della guerra in Ucraina, Putin ha usato costantemente la minaccia dell’annichilimento nucleare contro il mondo. Questo ricatto non coincide solo con risultati fallimentari dell’esercito russo sul campo, ma è stato a lungo una parte costitutiva della sua agenda politica. La nuova dottrina militare aveva già accolto un’implicita minaccia nucleare per l’occidente nella riforma disposta nel 2000, nel corso del primo anno della prima presidenza di Putin. Nel 2010 durante la presidenza del “segnaposto” Dmitry Medvedev, l’intimidazione fu resa esplicita con la dichiarazione che l’arma nucleare avrebbe potuto essere usata per difendersi in risposta ad una minaccia all’esistenza dello stato russo. Nel secondo decennio del nuovo secolo Putin ha citato più volte l’Apocalisse nucleare senza specificare se le sue minacce fossero contro la Nato o gli Stati Uniti. Nelle sue dichiarazioni Putin solitamente incolpa l’Occidente per ogni catastrofico risultato interno o internazionale, inquadrando l’ipotetico uso dell’arma nucleare come vendetta o ritorsione. Intervistato da Oliver Stone nel giugno del 2017, Putin disse che nessuno sarebbe sopravvissuto ad una guerra tra Russia e Usa. Alla domanda se ci fossero ancora speranze che questo risultato potesse essere evitato, rispose usando un detto popolare russo: «C’è sempre speranza prima di essere portati al cimitero con le calze bianche».  Nel marzo 2018 durante il suo indirizzo presidenziale all’Assemblea Federale, il Presidente russo disse che «ogni attacco nucleare contro la Russia o i suoi alleati» avrebbe portato ad una «immediata ritorsione con tutte le conseguenze attese». Giorni dopo reiterò questa posizione, indicando che una guerra nucleare, definita un «disastro per il mondo intero» sarebbe potuta essere una risposta ad un significativo attacco contro la Russia. E aggiunse «Come cittadino russo e capo dello stato russo, Io devo chiedere a me stesso, perché dovrei volere un mondo senza la Russia?». 

Nel giugno del 2018 Putin sottolineò ulteriormente questa minaccia enfatizzandone l’esito apocalittico: «nessuno sopravvivrebbe» a una guerra tra Russia e Usa. Nell’ottobre dello stesso anno al meeting del “Valdai Discussion Club”, la retorica di del presidente russo divenne ancora più drammatica: «la Russia sarebbe la vittima» e «l’aggressore dovrebbe sapere che la vendetta sarà inevitabile e sarà annichilito». La guerra nucleare sarebbe una «catastrofe mondiale», disse, ma almeno «i russi sarebbero andati in paradiso come martiri, mentre, senza il tempo di pentirsi, l’aggressore sarebbe ovviamente stato scaraventato all’inferno».  Lo scrittore russo Prokhanov13, che considera Putin un messia, ha parlato dei sentimenti che quella discussione gli ha trasmesso: «la possibilità di una guerra nucleare» sembrava che «preoccupasse la mente di un governatore del mondo», «nel loro ritorno a casa, aprirono la loro Bibbia e rilessero La rivelazione di San Giovanni». Alla fine del 2018 Putin annunciò che la Russia aveva svolto i test definitivi di “Avangard”, un invincibile nuovo missile ipersonico con capacità nucleare, e gli diede la macabra etichetta di «un meraviglioso, eccellente regalo per il nostro paese per il nuovo anno». Questa credenza nel missile invincibile – Avanguard, Kinzal, Zirkon, etc. – come molte altre strategie di Putin trova un parallelo nel racconto utopico di Yuriev, dal titolo il Terzo Impero14, nel quale l’Occidente perde la guerra contro la Russia per l’invisibile scudo difensivo della Russia e della sua bomba atomica. Conducendo finti referendum nelle aree occupate delle province di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya in Ucraina, Putin ha creato un nuovo pretesto per poter brandire l’uso dell’arma nucleare per “difendere” il territorio conquistato all’Ucraina dalla possibilità di essere ripreso dall’esercito ucraino.  L’uso del ricatto nucleare da parte di Putin poggia su due convinzioni. La prima è che l’Occidente si ritirerà per le sue difficoltà politiche e, di fronte alla prospettiva di una guerra nucleare, i cittadini spaventati spingeranno i loro governi democraticamente eletti verso la negoziazione e l’accordo. La seconda è che l’unità politica dell’Occidente contro la Russia si sfalderà sotto la minaccia dell’Armageddon nucleare, quindi alcuni Paesi si ingegneranno per salvare se stessi mediando propri accordi con il Cremlino. La mancata decisione occidentale di battere i pugni dopo l’invasione della Russia del 2014 e l’annessione della Crimea hanno probabilmente rinforzato questa convinzione. Sostenuta da Putin, la propaganda del Cremlino è stata dall’inizio della guerra in Ucraina costantemente elaborata su questo topic. 

Il discorso apocalittico di Putin che ha infettato la politica post-Sovietica non è il frutto univoco dalla sua mente. Insieme al resto della sua politica è parte di un sistema di referenze storiche e culturali. Ci sono molte circostanze storiche e modelli culturali che hanno reso il pensiero apocalittico eccezionalmente preminente nell’estrema destra russa. Dopo il crollo e lo scioglimento dell’Urss, la visione progressiva del tempo storico fu portata avanti da ideologi filo occidentali. Secondo i leader russi propugnatori delle riforme democratiche, l’economia di mercato sarebbe stata una garanzia di democrazia e la prosperità capitalistica occidentale, sfavillante e seducente, era un modello da imitare. Ma la Russia era arrivata sulla soglia della democrazia quando la crisi del progressismo e della temporalità futuristica mostrava i suoi aspetti critici nelle stesse democrazie occidentali. Tra i molti altri fattori in gioco, questa confluenza contribuì al collasso dell’ideologia filooccidentale nella Russia post-Sovietica e rafforzò la delusione per un pensiero collettivo orientato al futuro. Politica della memoria neomedievale e re-Stalinizzazione furono così utilizzati come elementi costitutivi di un modello sociale e adattati al passato storico. Il Cremlino, in assenza di un progetto effettivamente applicabile da offrire alla società post-Sovietica, usò le aggressioni militari e il sogno imperiale per sopperire all’incapacità di formulare qualsiasi visione attraente per il futuro. In questo quadro si saldò la naturale alleanza tra Putin, i siloviki 15e l’estrema destra russa che predispose il Cremlino a condividere la visione della storia dell’estrema destra.  Il salutare “purificante fuoco dell’Apocalisse” e la credenza nella resurrezione dalla morte alla fine dei tempi sono sempre stati un essenziale parte della dottrina Ortodossa, presa alla lettera dalla Chiesa Russa più che da ogni altra confessione cristiana. La diffusione di molte sette radicali, chiamate appropriatamente Ortodossia politica, ha contribuito alla crescente popolarità delle aspettative apocalittiche, non solo tra i post-Sovietici, ma anche all’interno della gerarchia ortodossa. Il Patriarca Kirill, che propugna la guerra in Ucraina, sostiene che il tema dell’Apocalisse ha generato una potente capacità di attrazione dopo l’annessione della Crimea durante l’annessione del 2014. Già nel 2017 aveva dichiarato che: «Uno deve essere cieco per non vedere che ci stiamo approcciando al terribile momento della storia di cui l’apostolo ed evangelista Giovanni il teologo parla nella sua rivelazione». Da allora Kirill ha ripetutamente annunciato che la fine del mondo è cominciata. Nel 2020 ha spinto i suoi fedeli ad essere pronti per questo estremo evento e per la propria morte perché «Dio stesso porta l’Apocalisse».  Tra il clero molti pensano che questo terribile momento della storia dovrebbe essere accolto con entusiasmo. Per esempio, l’arciprete Vsevolod Chaplin, ex portavoce della Chiesa Ortodossa Russa, diffondeva la nozione secondo la quale Dio ha comandato «l’annientamento delle masse» per «istruire la società». Gli appartenenti alle sette ortodosse invocano a gran voce il fuoco purificatore dell’apocalisse. 

L’impatto della dottrina ortodossa russa sulla visione del tempo storico dell’estrema destra è dovuto probabilmente dal fatto che, malgrado l’influenza dei vari sistemi filosofici Occidentali tra i vari intellettuali russi, nessuna tradizione filosofica secolare originale è mai riuscita a sfidare la dogmatica ortodossa e l’ideologia di estrema destra. I filosofi religiosi russi, i cui lavori erano censurati e banditi sotto il governo sovietico ma ebbero notevole popolarità e influenza dopo la glasnost, furono quasi senza eccezione ortodossi credenti che, diversamente dalla maggior parte dei filosofi occidentali, acriticamente adottarono la dogmatica sacra della loro chiesa nelle loro riflessioni filosofiche. Le aspettative apocalittiche giocarono un ruolo importante nelle loro esplorazioni dell’anima e dell’antropologia russa, mescolando teologia e filosofia. Questo tipo di visione del futuro, divenne centrale per Fyodorov e i cosmisti russi16, come lo fu per Lev Tikhomirov e Berdyaev, il guru dell’estrema destra post-Sovietica. Berdyaev definì il ritorno al Nuovo Medioevo come ritorno “dell’eterno passato” che era per lui categoria religiosa, piuttosto che storica. Insisteva sul fatto che l’intera idea di progresso avrebbe dovuto essere rigettata perché nasconde il vero obiettivo dell’esistenza, che è la conoscenza di Dio. Ma anche teologi liberali come Pavel Florenskij hanno flirtato con l’apocalittica. In altre parole, l’incapacità della cultura russa di separare il pensiero religioso da quello secolare ha creato le condizioni uniche per lo sbalorditivo successo della mentalità neomedievale tra i russi rendendo la visione escatologica della storia dominante.  La diffusione delle aspettative apocalittiche formò un nuovo contesto per le politiche post-Sovietiche, sostenendo il pensiero neomedievale nella cosiddetta classe politica russa e aiutando ad instillare la nuova temporalità nella mente degli attuali russi. Questa prospettiva era ben considerata nei circoli governativi e sui media, con frequenti allusioni dell’apocalisse biblica, molto prima della guerra in Ucraina. Per esempio Valery Zorkin, Presidente della Corte Costituzionale Russa, citando dalla seconda lettera ai Tessalonicesi17 ha sostenuto che la fine del mondo è sopra di noi e «il mistero dell’iniquità è già al lavoro». Nel 2011 Ivan Okhlobystin18, candidato alla presidenza, fece dell’annuncio dell’apocalisse un’esplicita parte della campagna elettorale: «Il tempo per la preparazione finale è arrivato. Non ci dovrebbe essere niente di superfluo e gli Slavi che non hanno obbedito a questa ovvia verità sono condannati».  In una sezione della Dottrina 7719, il suo manifesto elettorale titolato “L’ultima battaglia” Okhlobystin scrive «Ma la nostra è una società diversa!», illustrando il concetto di eccezionalismo in questi termini: «Noi siamo fatti per la guerra e non ci sono posti per noi in un tempo ordinario pacifico. […] Il potere delle trasformazioni geopolitiche ci hanno reso un’unica etnicità. […] Il processo di autogenerazione russa ha costruito il guerriero ideale […] per fare la guerra per tutta la sua vita. E, provvidenzialmente, per una persona russa non eseguire le azioni di quanto sopra significa morte certa. Tutte le azioni per preservare la nazione russa sono giustificate fino al tempo stabilito dal Signore per la sua scomparsa nel fuoco dell’Apocalisse». Nell’estrema destra i temi dell’apocalisse sono strettamente intrecciati con l’immagine di Putin come Messia e questo potrebbe anche aver influenzato la sua autopercezione. Nel 2007 Vladimir Solovyov,20 ospite televisivo e propagandista di Putin, più tardi noto per le sue affermazioni sulla guerra in Ucraina, pubblicò la novella “L’Apocalisse di Vladimir”, un sequel della sua “Bibbia di Vladimir” del 2005. In questo nuovo racconto ripete il dispositivo usato nel prequel, presentando il suo narratore in prima persona: un sé immaginario con il nome come trasfigurazione di Putin. L’Apostolo Vladimir è descritto come un distruttore, nella sua ira brucia migliaia di peccatori, insieme all’intera città di Krasnoyarsk, e li riduce in cenere nera con il suo fulmine. In queste pagine i peccatori sono annichiliti repentinamente ed è stato negato loro anche il tempo del pentimento. Solovyov sostiene l’introduzione di una «monarchia antidemocratica» ereditaria, con Putin come Zar e Profeta, affermando che la sua missione è quella di preparare la Russia per l’ultimo giudizio che «lungamente aspettato» sarà il giorno radioso. Questa immagine di Putin è largamente diffusa tra i suoi supporter, da Vladimir Surkov che una volta chiamò Putin «un uomo mandato in Russia dal fato e dal Signore», a Madre Fotina21, a capo di una setta, che crede che Putin sia la reincarnazione di San Paolo ed è sicura che «Dio ha nominato Putin in Russia per prepararla alla venuta di Gesù Cristo» perché «ha lo spirito dello Zar in lui». 

La visione di Alexander Dugin fornisce un altro esempio di queste idee. Per lui e altri neo-Eurasiani, l’Apocalisse è una «lotta tra religione e pseudo-religione» tra la Russia Ortodossa e il liberalismo occidentale. Come Elliot Borenstein ha sottolineato perspicacemente «l’Apocalisse russa […] dipende dalla continua esistenza del mondo esterno come fonte del male». Dugin si aspetta che Putin diventi il Katechon. Questo implica che «l’intera vitalità della Cristianità nel suo insieme è proiettata sulla politica sacra, sullo zar-katechon». Definisce «il Regno dell’Anticristo come una combinazione di Occidente, globalizzazione, post-liberismo e di società post-industriale» e afferma che «i cristiani devono credere nell’Anticristo perché il dogma cristiano è correlato all’Apocalisse. […] Non sappiamo quando l’Anticristo arriverà, ma sappiamo certamente che avverrà, perché è l’essenza della comprensione della storia cristiana. […] Abbiamo sofferto sotto la suola dell’Anticristo, come adesso George Soros, liberale americano, sta rompendo l’integrità dell’ordine mondiale, ed essi lo stanno adorando con gioia https://www.business-gazeta.ru/article/493038». All’inizio della sua carriera, quando ancora militava sotto le bandiere del Nazional Bolscevismo, Dugin, come molti prima di lui, dichiarava che i russi, eredi di Bisanzio, e il loro Zar-Katechon erano stati scelti per trattenere l’anticristo prima dell’arrivo della fine dei tempi. Per Dugin la vita della chiesa è inestricabilmente intrecciata con la vita dell’Impero e dei sacrifici fatti in suo nome e insiste sulla necessità di invertire il tempo storico, che lui concepisce come missione cristiana: «la Russia dovrebbe riportare il tempo a Bisanzio per ricreare il sacro Impero e la Monarchia Ortodossa. Così oggi per arrivare a Cristo, si deve camminare il sentiero ecclesiologico nella direzione opposta. Nella direzione di Bisanzio, che è quella del sacro impero, della monarchia ortodossa, e la teologia patristica greco-romana a tutti gli effetti nel suo pieno trionfo dovrebbe segnare questo avanzamento qualitativo». 

Questa certezza della reversibilità del tempo storico è una caratteristica non solo dei neo-Euroasiatici, ma anche della maggior parte dell’odierna estrema destra russa. Dugin è irremovibile sulla certezza che l’Apocalisse non è una metafora «adatta a mobilitare le masse, ma un fatto religioso – il fatto dell’Apocalisse», e considera «il regno dell’Anticristo» come un altro fatto religioso: «Il suo Fuoco è il Giudice, ed esso deve e brucerà la Terra». Per lui l’Apocalisse non è qualcosa che può essere evitata o avvertita. Infatti, il movimento neo-Eurasianico deve lavorare perché esso avvenga. Dugin vede l’innesco dell’Apocalisse come una pratica: «La fine del tempo e il significato escatologico della politica non si realizzerà da solo. Aspetteremo la fine invano. La fine non arriverà mai se noi l’aspettiamo, […] la fine dei giorni dovrebbe arrivare, ma non arriverà da sola. È un compito, non una certezza. È una metafisica attiva, è una pratica22».  Coerente con l’idea dell’Apocalisse come pratica, nel 2011 Dugin e il suo movimento di neo-Eurasiani organizzarono un campo di tre giorni per la gioventù chiamato Finis Mundi, il cui slogan proclamava la mobilitazione escatologica per gli Eurasiani. Ospitò anche un programma chiamato Finis Mundi su una radio popolare e «L’Anticristo è già qui» risuona periodicamente nelle sue affermazioni. In sintonia con la filosofia di Fyodorov e Sharov, i pamplettisti neomedievali vanno oltre le loro escatologie pragmatiche per comprendere non solo le terrene crociate ortodosse, ma la stessa colonizzazione del Paradiso, stabilendo che l’obiettivo del progetto nazionale della Santa Russia consiste nell’ascensione al Paradiso di tali quantità di santi russi che avrebbero di fatto ricostituito l’egemonia della Russia terrena nel Regno dei Cieli24. La Russia è la Terza Roma, un Impero-Stato, che ha come missione la fine dei tempi. È il Katechon che trattiene l’Anticristo e la conservazione del regime politico basato sulla giustizia su una chiara distinzione etica tra bene e male e sulla prontezza di punire il male e premiare il bene. Inoltre, il Katechon è una universale giustificazione dello Stato e della statualità e convalida il diritto alla violenza. Essendo il Katechon, la Russia ha la missione geopolitica di guardiano dell’ordine mondiale. L’imposizione dei valori della Russia Ortodossa, in questo ordine mondiale, è considerata come il compito dello Stato che dovrebbe essere attuato attraverso l’espansione militare, l’azione diplomatica e quella culturale. Questa missione politico-escatologica è la vera predestinazione civilizzatrice dello Stato Russo. 

La Russia è la Terza Roma, un Impero-Stato, che ha come missione la fine dei tempi. È il Katechon che trattiene l’Anticristo e la conservazione del regime politico basato sulla giustizia su una chiara distinzione etica tra bene e male e sulla prontezza di punire il male e premiare il bene. Inoltre, il Katechon è una universale giustificazione dello Stato e della statualità e convalida il diritto alla violenza. Essendo il Katechon, la Russia ha la missione geopolitica di guardiano dell’ordine mondiale. L’imposizione dei valori della Russia Ortodossa, in questo ordine mondiale, è considerata come il compito dello Stato che dovrebbe essere attuato attraverso l’espansione militare, l’azione diplomatica e quella culturale. Questa missione politico-escatologica è la vera predestinazione civilizzatrice dello Stato Russo. È proprio questa visione apocalittica del futuro a creare un ponte tra l’estrema destra russa e gli scrittori post-Sovietici che si dilettano nel neomedievalismo, così come è chiaramente illustrato nell’intervista data da Sharov25 a Georgi Borisov: «deve essere detto con convinzione che la fine della Rus significherà la fine dell’intero mondo, così come credere che la vita vera esiste solo in relazione tra Dio e il suo nuovo popolo scelto e ogni altra cosa non è altro che superflua architettura. Inoltre, ogni crisi che ci è successa ha solo sviluppato e rafforzato questa fede». Come Vodolazkin26, entusiastico sostenitore dell’ultimo libro di Sharov, molti altri scrittori post-Sovietici ritengono che i russi credano di essere un popolo scelto e che questa fede guida la loro comprensione della storia. Terribili catastrofi, come la fame e le invasioni nemiche, hanno spinto, con incredibile forza, le persone oltre le loro vite ordinarie trasformandole in un popolo che si è rivolto verso la fine, verso il tempo ultimo e l’ultimo giudizio. Un popolo che da tempo immemorabile è vissuto in questo modo può essere pronto e fermo davanti al Signore. 

Come sottolinea Bradley Gorski: «i racconti di Sharov presentano la storia russa come spinta da un unico prepotente desiderio: prepararsi per l’Apocalisse e il giorno del giudizio, che inevitabilmente avverrà in Russia». Il Club Izborsky,27 i componenti sono profondi sostenitore della fede escatologica, è ben rappresentato in un’affermazione del suo presidente, Alexander Prokhanov, che vede l’attesa per il Regno Celeste della vita eterna come crittografata in un codice magico della mente russa. Ed è questo codice che oggi attualizza l’idea messianica che già era manifesta nel suo Medioevo. Come ammiratore di Nikolai Fyodorov, Prokhanov è in impaziente attesa della resurrezione dei morti: «Parlando della nostra potenza cosmica, non dobbiamo dimenticare che i razzi inventati da Tsiolkovsky28 sono il mezzo con cui le generazioni risorte si diffonderanno in altri pianeti». Inoltre, Prokhanov pensa che la bomba ortodossa russa costruita sotto il patronato di San Serafino di Sarov sia il modo di realizzare il suo sogno russo. La banalità del pensiero post-Sovietico sull’imminente fine del mondo può essere così sintetizzata: l’umanità ha sempre desiderato l’Apocalisse. Il mondo russo contemporaneo, come il Medioevo, desidera l’apocalisse anche per la semplice ragione che un mondo senza l’Apocalisse è noioso oltre ogni immaginazione. Questi approcci triviali alla fine del mondo mettono a nudo la profonda assenza di ideologia positiva in una società governata dalla cinica negazione del valore della vita e dei diritti individuali. Una società che non sa offrire migliori prospettive per il futuro che una rivalutazione mitica del Medioevo russo. La politica escatologica e l’incitamento al terrore sono profondamente radicate nella tradizione culturale russa antioccidentale, nei nervi più intimi dell’ortodossia e nelle credenze popolari, mentre questa idea che l’umanità sia irrimediabilmente condannata non ha paralleli nella cultura occidentale.  

Apocalisse mercificata o crisi della democrazia 

Anche in occidente i film e le fiction apocalittiche e post apocalittiche del passato decennio hanno persistentemente descritto l’estinzione dell’umanità, frequentemente in favore di un’altra specie intelligente e non solo come un naturale sviluppo, ma anche come possibilità desiderabile. Comunque, il genere apocalittico e post apocalittico il più delle volte non è disconnesso dai temi biblici della speranza e redenzione che hanno nutrito il pensiero apocalittico fin dagli albori della cristianità.  Diversamente dalla fiction pre 1990, dove anche la più pessimistica apocalisse non chiudeva la porta completamente a qualche tipo di continuità attraverso la rinascita e spesso la stessa distruzione funziona come restaurazione, oggi, con maggiore insistenza, il paradigma anti umano dà voce a un crescente disprezzo per l’umanità stessa e offre l’estinzione come un risultato da desiderarsi devotamente. Rappresentazioni della violenza che spazzano il mondo, elemento chiave del genere apocalittico, sono avidamente consumate dal pubblico. La visione del tempo che questo genere propone rigetta l’idea stessa che l’umanità abbia un futuro. Questo mood risuona in molti trend filosofici e sociali che la cultura popolare sfrutta. La nostalgia per questa conclusiva catastrofe è categorizzata come tipica della modernità, che ci parla di una pervasiva sensibilità post apocalittica nella recente cultura americana. Questa diagnosi trova riferimenti nella fascinazione della fine dell’umanità e dell’era del post-umano che è stata una delle estremizzazioni delle caratteristiche decostruttive della French Theory, da Foucault a Derrida. L’Apocalisse è spesso presentata come metafora della fine del sistema capitalistico, o come annientamento del modello occidentale che, secondo Slavoj Zizek, si sta avvicinandoal suo punto zero». Il Postumanesimo ha vissuto la sua primavera sulla estremizzazione delle teorie decostruttive e nelle derive del radicalismo ambientale e dello specismo, che hanno promosso la cancellazione della centralità dell’umano dalla filosofia e dal mondo. Molti attuali movimenti sociali, dal transumanesimo, ai diritti degli animali, all’ecologia radicale invocano con impazienza la fine della civilizzazione umana. Nell’ultimo decennio chiamare gli umani “egoisti e peste distruttiva” è diventato un luogo comune che non sorprende più nessuno, non importa quanto possa ricordare un atto di odio contro l’uomo. Il Movimento per l’estinzione è una classica illustrazione di questo ethos: i suoi obiettivi sono lo stop alla riproduzione per gli umani, per ripristinare la bilancia ecologica del pianeta liberandolo così dall’uomo. Finora, comunque – e nonostante la loro crescente influenza – questi e simili movimenti, i cui membri godono della protezione come singoli individui sotto le legislazioni e le garanzie dei diritti umani delle democrazie, non hanno raccolto nessun significativo supporto politico per i loro progetti. Eppure, il pensiero sulla fine del mondo ha accompagnato l’intero percorso dell’umanità e ha rappresentato un motore per il suo sviluppo. Il tema della fine e del giudizio, insiti nell’Apocalisse, sono stati un potente strumento che ha aiutato ed ancora aiuta ad indirizzare l’ansia. Un futuro, mai interamente prevedibile, genera un’intera gamma di possibili accadimenti che a loro volta provocano angoscia e insicurezza. La guerra, il terrore dei disastri ambientali, l’inquietudine per le pandemie, le diseguaglianze sociali e le non risolte questioni razziali e di genere, sono tra le principali spiegazioni per la fascinazione dei temi apocalittici. Lo stesso limite posto dalla narrazione apocalittica e la chiamata a rendere conto, innanzitutto a se stessi, ci possono assistere nell’affrontare la paura della morte e anche aiutarci a dare senso al mondo. Credo che queste manifestazioni anti umaniste costituiscano l’essenza della contemporanea fascinazione per la fine del mondo. Esse scaturiscono e sostengono l’attuale crisi del futuro, come un motore che si autoalimenta mangiandosi ogni possibile futuro. Il montante odio contro l’umanità preclude la vera possibilità di una visione del domani che non comporta una sorta di catastrofe terminale. In questo contesto si colloca l’attuale crisi delle società aperte basate sui diritti soggettivi e la democrazia: esse possono vivere solo se orientate al futuro. Ma la mancanza di prospettiva ha innescato la crisi di questa attuale forma di democrazia. La temporalità invertita, spinta da fondamentalismi religiosi o spinta da filosofie e sistemi culturali secolari radicali, può essere vista come una risposta a questa crisi ed è la ragione principale per l’onnipresente fascinazione per il Medioevo. 

L’attuale guerra in Ucraina ha reso chiaro che la capacità selettiva della memoria politica e la mentalità neomedievale, con la fede escatologica, sono una potente arma di guerra ibrida che può avere successo se indirizzata contro le democrazie. Più a lungo la guerra continua, più buia diventa la prospettiva per la Russia. Con la devastazione del territorio ucraino, il Putinismo ha anche cancellato ogni opportunità di una futura riconciliazione tra paesi confinanti con una cultura comune.  In ogni caso bisogna tenere ben presente che il Putinismo non emerge il 24 febbraio 2022, non è stato generato da Putin e i suoi amici, senza un significativo supporto della società. La riluttanza ad un profondo esame di coscienza per valutare criticamente i crimini commessi dalla nazione russa nel passato, ha determinato la formazione di una memoria dettata dai responsabili di quei crimini, che così hanno giustificato e dato fondamento agli stessi, nel contesto di valori gerarchici e autocratici medievali e hanno trasformato le memorie dello stato di terrore in memoria delle masse. La fortezza costruita dal medievalismo nella mente dei russi, in cui il Cremlino sta come simbolo, può continuare a sostenere il Putinismo anche dopo che il dittatore se ne sarà andato, inesorabilmente nutrito con vite umane. 

  1.  Dina Khapaeva:Putin’s Dark Ages. Political Neomedievalism and Re-Stalinization in Russia, Routledge, 2024
  2. www.interfax.ru/events/president/transcript/messages/56957; www.sho.com/the-putin-interviews#/; http://kremlin.ru/events/presiodent/news/58848; Denis Karlovskii, www.pravda.com.ua/rus/new/2022/04/3/7336889; Kare Johan Mjor, “Philosophy, Modernity and National Identity: The quest for Russian Philosophy at the Turn of the Twentieth Century” The Slavonic and East European Review, 2014, 92/4
  3.  Il Domostroj è un libro russo del XVI secolo che raccoglie una serie di regole e consigli per la vita di tutti i giorni.contenente informazioni utili, insegnamenti e istruzioni per ogni cristiano, marito, moglie, figli, servi e ancelle. È composto dalle seguenti sezioni:Sulla struttura spirituale; Sulla struttura secolare;Sul comportamento a una festa e a tavola; Sul comportamento in chiesa; Sulla gestione della famiglia; Sull’organizzazione familiare; Sul rispetto delle cose;Sezione culinaria.
  4.  Fabio Arnao, Capitalismo di sangue. A chi conviene la Guerra, Laterza, 2024
  5. derale della Federazione Russa che, nei limiti della sua autorità, svolge compiti per garantire la sicurezza interna della Federazione Russa. L’FSB non nacque subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma venne preceduto dall’FSK (Servizio di Controspionaggio Federale), attivo dal 1991 al 1995. Il 3 aprile 19954, Boris El’cin firmò il documento che dava il via alla riorganizzazione e alla espansione dell’FSK, che divenne quindi l’FSB.La sua sede si trova a Mosca e il suo stemma conserva la spada e lo scudo già presenti in quello dei servizi predecessori (oltre al KGB, anche l’NKVD).
  6. Il Gulag come sistema dei campi di lavoro correttivi è stato un ramo gestito della polizia politica dell’Urss che istituì il sistema penale dei campi di lavoro forzato, sostituendo il precedente sistema carcerario zarista. Benché questi campi fossero stati pensati per la generalità dei criminali, il sistema è noto soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici dell’Unione Sovietica. Complessivamente circa 18 milioni di persone, non solo sovietici, sono passate nei campi. Il numero massimo dei prigionieri fu raggiunto nel 1950 con circa 2,5 milioni di reclusi. Il tasso di mortalità nei Gulag prima della Seconda Guerra Mondiale oscillava tra il 2,1% e il 5,4%, picco massimo registrato nel 1933. Durante la Seconda Mondiale, nel contesto delle scarse condizioni di vita dei prigionieri, si raggiunse un tasso del 24,9%. Nei primi anni ’50 il tasso calò intorno allo 0,9% fino a raggiungere lo 0,4% nel 1956. Secondo i documenti degli archivi sovietici, dove erano stati catalogati gli internati e i decessi, fra il 1930 e il 1956 si sarebbe registrato un totale di 1.606.748 morti, dei quali 932.268 (il 58% del totale) nel periodo 1941-1945, su circa 18 milioni di persone che, secondo gli storici più accreditati, sono passate nei campi del gulag. In aggiunta la categoria più comune di campi nei quali si praticavano lavoro fisico pesante e vari tipi di detenzione, esistevano anche altre forme. Un tipo singolare di lager detti Saraska (luogo d’ozio) erano in realtà laboratori di ricerca dove gli scienziati arrestati, alcuni dei quali eminenti, venivano riuniti per sviluppare in segreto nuove tecnologie e ricerche di base. Mentre Psichuska che significa manicomio, erano i campi dove venivano praticati i trattamenti medici forzati al fine di isolare ed esaurire psichicamente i prigionieri politici. Questa pratica divenne comunissima dopo lo smantellamento ufficiale del sistema Gulag. Inoltre c’erano campi o zone speciali per fanciulli , per disabili e per madri con neo0nati. Queste categorie erano considerate improduttive e spesso soggette a diffusi abusi. Esistono documenti sull’uso dei prigionieri nei primi test nucleari per decontaminare aree radioattive e sottomarini nucleari. Avraham Shifrin, attivista per i diritti umani, sionista di origine sovietico, detenuto per un decennio nelle carceri sovietiche con l’accusa di spionaggio in favore degli Usa e Israele, definisce “campi di sterminio” 43 campi dell’Urss nei quali i prigionieri furono forzati a lavorare in condizioni pericolose e insane che avrebbero causato morte certa. L’autore identifica tre tipi di campi: 1) campi dai quali nessuno uscì vivo; 2) campi di lavoro pericolosi per l’industria bellica; 3) campi di lavoro pericoloso, responsabile di disabilità e malattie fatali.
  7. Oleg V.Khlevniuk, The History of Gulag, from Collectivization to the Great Terror, Yale University Press,2004
  8.  Anne Applebaum, Gulag: AHistory, Doubleday, 2003
  9. Dina Khapaeva, Op. Cit. pag 228
  10. Il Global Slavery Index è uno studio globale sulla schiavitù moderna pubblicato dall’iniziativa Walk Free della Minderoo Foundation
  11.  Valery Zorkin, Rossiiskaia Gazrta, 26 settembre, 2014
  12. Aleksandr Dugin, La Quarta teoria politica, Nuova Europa Edizioni, 2017; https://zavtra.ru/blogs/chetvyortaya_politicheskaya_teoriy; Mary Carruthers, The Book of Memory: A Study of Memory in Medieval Culture, Cambridge University Press, 2008; https://esoterx.com/2021/12/15/seraphim-of-savor-patron-saint-of-nuclear-weapons/
  13. Prokhanov è uno scrittore, caporedattore del settimanale Zavtra (“Domani”), erede di “Den”, giornale ultranazionalista e antisemita chiuso nel 1993 per ordine delle autorità russe. Prokhanov è un seguace della cosiddetta “ideologia imperiale”, conosciuto soprattutto per aver coniato la teoria dell’Ortodossia Atomica, che prefigura uno stato che combini elementi di stalinismo e Russia prerivoluzionaria, cristianesimo ortodosso (è membro della setta spiritualista Molokan) e patriarcato.
  14.  https://www.ilfoglio.it/esteri/2024/04/06/news/la-nostalgia-di-medioevo-nella-russia-di-putin-6411113/
  15.  Un silovik è un rappresentante di agenzie statali che hanno responsabilità dell’applicazione della legge, di agenzie di intelligence, delle forze armate e di altre strutture a cui lo stato delega la propria prerogativa sull’uso della forza (strutture di solito chiamate ministero, o autorità di contrasto).Viene applicato alla Russia, ma il concetto è spesso esteso ai rappresentanti dei gruppi politici, ma anche agli uomini d’affari, associati alle strutture di potere in Russia o, in passato, in Urss. Come termine gergale, questa parola è passata anche in altre lingue come termine politico dal significato più ampio e generico, nella conversazione quotidiana e nel giornalismo, per descrivere i processi politici peculiari della Russia o dell’ ex spazio sovietico. L’etimologia della parola rimanda al termine russo sila (сила), che significa forza.
  16. Il cosmismo  è una corrente filosofica sviluppatasi in Russia a partire dall’ Opera comune di Nikolaj Fedorov (1829-1903).Per Svetlana Semenova (1941—2014), che è stata la più importante studiosa del cosmismo, la caratteristica principale di questa corrente filosofica è l’idea di “evoluzione attiva” o “evoluzione autodiretta” della razza umana. Per George M. Young, uno dei più autorevoli studiosi occidentali sul tema, il contributo più importante offerto dai cosmisti russi è quello di una visione ottimista sui destini e le potenzialità sconfinate dell’umanità, una mirabile fede nell’evoluzione e nello sviluppo inevitabili della conoscenza umana. Per Michael Hagemeister, prestigioso studioso occidentale della storia intellettuale russa, gli aderenti del cosmismo credono che gli uomini siano destinati a diventare un fattore decisivo nell’evoluzione cosmica, conquistando, trasformando e perfezionando l’universo, sconfiggendo la malattia e la morte, e infine generando una razza umana immortale.
  17. Tessalonicesi 2:7-10. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene.  Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta.  La venuta dell’empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati.
  18. Ivan Ivanovich Okhlobystin nato il 22 luglio 1966 è un attore, regista, sceneggiatore ed ex prete ortodosso. Okhlobystin divenne popolare alla fine degli anni ’90 ma, in seguito ad una conversione religiosa, si ritirò in un monastero e divenne prete ortodosso russo. Il patriarca Kirill lo ha rimosso dal sacerdozio nel febbraio 2010. Okhlobystin si è dichiarato un “patriota nazionale” e ha affermato di “sapere” che “nell’anno in cui il capo dello Stato e il capo della Chiesa in Russia moriranno entrambi”, diventerà il prossimo presidente del nuovo impero russo. Affermando che “il popolo russo voterà per me e la Chiesa russa mi ungerà”, e che erigerà immediatamente un nuovo muro di ferro attorno alla Russia e inizierà una campagna di “pulizia” per “ricostruire la nazione russa”.Noto per le sue opinioni omofobe . Nel dicembre 2013, ha detto che voleva “bruciare vivi gli omosessuali”, descrivendoli come una “minaccia costante per i suoi figli”, e che non poteva più guardare questo “Sodoma e Gomorra”.Nel novembre 2014, Okhlobystin ha visitato Donetsk e ha dichiarato il suo sostegno alla Novorussia .
  19. www.pravmir.ru/doktrina-77-ivana-oxlobystina-polnyj-tesst/.
  20.  http://kremlin.ru/events/president/news/58848
  21.  Holy Vladimir, Pray for Us: a Russian Sect Honors Putin as a Saint, in Spiegel International, 29 settembre, 2011
  22. Dugin, La Quarta Teoria Politica
  23. In sintonia con la filosofia di Fyodorov e Sharov, i pamplettisti neomedievali vanno oltre le loro escatologie pragmatiche per comprendere non solo le terrene crociate ortodosse, ma la stessa colonizzazione del Paradiso, stabilendo che l’obiettivo del progetto nazionale della Santa Russia consiste nell’ascensione al Paradiso di tali quantità di santi russi che avrebbero di fatto ricostituito l’egemonia della Russia terrena nel Regno dei Cieli23 Dina Khapaeva, op. cit. 238

  24. https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00085006.2022.2035204
  25. https://oac.cdlib.org/findaid/ark:/13030/c8w66j67/
  26. L’ Izborsky Club è un think tank conservatore russo  specializzato nello studio della politica estera e interna Russa.È stata fondata dal pubblicista Alexander Prokhanov nel settembre 2012 e comprende diversi noti intellettuali nazionalisti e tradizionalisti in Russia. Il club Izborsky è stato creato  durante la celebrazione del 1.150° anniversario della città di Izborsk. Lo scrittore Alexander Prokhanov fu eletto presidente del club. Secondo il politologo tedesco Umland Andreas, il club comprende una fascia ultraconservatrice di sostenitori del presidente russo Vladimir Putin
  27.  Konstantin Eduardovich Tsiolkovsky,17 settembre 1857-19 settembre 1935 è stato uno scienziato missilistico russo e sovietico pioniere dell’astronautica. Insieme a Hermann Oberth e Robert H. Goddard, è uno dei pionieri del volo spaziale e il padre fondatore della moderna missilistica e dell’astronautica. Tsiolkovsky trascorse gran parte della sua vita in una casa di tronchi alla periferia di Kaluga, a circa 200 km a sud-ovest di Mosca. Recluso per natura, le sue abitudini insolite lo facevano sembrare bizzarro ai suoi concittadini.

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